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Per Aspera Ad Veritatem n.25
In questo numero


Questo numero venticinque di Per Aspera ad Veritatem realizza un’ulteriore tappa del progetto editoriale che ha in gran parte rappresentato, a far data dall’anno 1995, la strategia di comunicazione istituzionale del SISDe. A partire da oggi, infatti, la Rivista sarà per la prima volta disponibile nelle librerie con l’ulteriore opportunità di sottoscrivere abbonamenti. Si tratta di un’iniziativa resa possibile dalla collaborazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che completa il processo di apertura del Servizio, attraverso lo strumento culturale, alla comunità dei cittadini, già da qualche anno significativamente incrementato con l’avvio del sito Internet sisde.it.
Un sito, lo rammentiamo ai nostri Lettori che non avessero avuto opportunità di connessione, dove tutti i volumi della Rivista sono interamente visibili ed acquisibili, attraverso la funzione di download. Ad oggi, il sito di Per Aspera ad Veritatem contiene circa milleseicento pagine web, corrispondenti a diecimila pagine cartacee, dedicate all’intelligence. Riceve circa 55.000 richieste al mese, con una media giornaliera di 1.700, che raggiungono il picco in corrispondenza della pubblicazione di un nuovo numero.
Nel corso di questi anni, molte cose sono d’altro canto cambiate ed anche lo strumento della comunicazione pubblica, pur oggetto di una recentissima regolamentazione legislativa, ha vissuto fasi alterne, luci ed ombre. È indubbio tuttavia che si tratta di una funzione destinata a crescere, sulla quale si gioca gran parte dell’investimento delle Istituzioni in termini di servizio ai cittadini e dunque di sviluppo della democrazia. Si tratta, potrebbe dirsi con altre parole, di un nodo strategico del processo di innovazione, di uno strumento di autoriforma indispensabile per l’adempimento della missione istituzionale.
Comunicare, com’è stato puntualmente osservato proprio su questa Rivista, è molto di più che distribuire semplicemente delle informazioni. Impone un cambiamento culturale, l’adesione ad un modello partecipativo, non più “proprietario” delle istituzioni pubbliche, determina di conseguenza un mutamento profondo della gestione, un passaggio epocale da una cultura del silenzio ad una cultura del dialogo.
Se caliamo tali principi, cardini di una società aperta, nella realtà del mondo dell’intelligence, non v’è chi non veda come essi si pongano in naturale tensione e criticità ove applicati ad un settore dell’organizzazione pubblica che deve fare della riservatezza e del segreto, per necessità, la regola del proprio agire. Eppure, anche sull’intelligence e la sicurezza può influire la variabile comunicativa, mediante la distinzione tra il segreto tout court e il segreto necessario, nella chiara percezione della differenza tra ciò che non può e ciò che deve essere comunicato. Nella parte delle recensioni, presentiamo il volume Open Secret, scritto da Stella RIMINGTON, già Direttore del Security Service inglese all’inizio degli anni novanta. Chiunque avrà l’opportunità di leggerlo – la cd openess è stata uno dei tratti significativi della sua gestione – potrà facilmente rendersi conto all’interno di quali confini si muove la questione di comunicare l’intelligence.
D’altro canto, viviamo nell’epoca della globalizzazione ed anche le minacce alla sicurezza sono globalizzate.
Tra i vari insegnamenti dei tragici eventi dell’undici settembre due assumono certamente speciale rilevanza: il primo si riassume nella consapevolezza che la minaccia globale può essere combattuta soprattutto con lo strumento dell’informazione; il secondo, identifica nel coinvolgimento e nella coesione di tutte le articolazioni della società la chiave di volta per vincere la sfida del terrorismo. Eppure, la questione della cultura della sicurezza poggia ancora su un piano inclinato e la realtà delle istituzioni a questa preposte differisce talora sostanzialmente dalla percezione che ne hanno i cittadini. Esiste un gap, una scansione tra identità vissuta e identità comunicata.
Se questo è vero, è chiaro come il processo di comunicazione si configuri strategico per l’affermazione di una moderna cultura della sicurezza, in un contesto che vede oggi rappresentata in modo nuovo la tradizionale dialettica con le libertà. Una lunga fase storica ha contrapposto le due esigenze, percepite in naturale asimmetria (maggiore sicurezza – minore libertà, e viceversa). L’undici settembre ha aperto un mondo nuovo nel quale, com’è stato autorevolmente affermato, la sicurezza globale diventa la condizione della libertà, il suo garante.
La sicurezza, insomma, come diritto, presupposto dell’esercizio degli altri diritti, categoria di garanzia.
Cambiano in altre parole, al mutare dei contesti storici, percezioni e bisogni. Permane invece l’esigenza di valori forti, che in modo del tutto imparziale, cioè oltre le parti, costituiscano le basi condivise di una società civile che intenda mantenersi salda nelle sue radici e risoluta nella naturale proiezione verso il futuro. Tali valori, che trovano senso e significato nella storia dei popoli, hanno riferimenti etici, storici, filosofici e religiosi diversi. Coloro che a tali valori danno voce sono altrettanti soggetti attivi della comunità nazionale e svolgono una funzione essenziale nel pluralismo sociale.
Tra questi, abbiamo scelto questa volta di ascoltare, in apertura del volume venticinquesimo, la voce della Chiesa cattolica, attraverso un’intervista che reputiamo di grande interesse a Padre Gianpaolo SALVINI S.I., Direttore de La Civiltà Cattolica, che approfondisce il tema dell’etica e dei valori in relazione alle questioni aperte dello sviluppo globale e della realtà italiana. Il punto di vista della Chiesa è naturalmente importante, non solo per l’auctoritas morale che le è coeva, ma per il peso che esso è destinato ad esercitare in un paese come l’Italia dove la Chiesa stessa riveste un suo indubitabile ruolo storico.
L’intervista a Padre SALVINI è seguita da un Forum, cui teniamo particolarmente, che vede protagonisti giornalisti ed esperti di chiara fama (MARGELLETTI, NIRENSTEIN, PEDDE, PELLICANI) in un confronto, speriamo particolarmente apprezzato dai nostri Lettori, che sullo sfondo della crisi irachena si misura con il tema del terrorismo internazionale e dei nuovi conflitti. Nel medesimo ambito, ancorché specificamente riferito al radicalismo islamico vicino ad Al Qaid’a, trova spazio l’intervista all’Autore, pubblicata in parte VI, attraverso la quale Magdi ALLAM torna sui contenuti del suo libro Bin Laden in Italia, che tanto scalpore ha destato sui media e nello stesso Parlamento, ampliando significativamente i dati emersi dalla sua ricerca sulla minaccia terrorista sul territorio italiano.
Anche la sezione dedicata ai saggi e agli articoli ospita contributi di grande interesse. Per lo più dedicati, in ragione degli scenari di questo inizio d’anno, ai temi internazionali. I lavori di CUCCHI, sul ruolo della NATO nella lotta al terrorismo, MANISCALCO, sulle prospettive del progetto Global Compact annunciato nel 1999 dal Segretario delle Nazioni Unite Kofi ANNAN, e FIORANI PIACENTINI, sul neo-fondamentalismo, invitano a confrontarsi con la complessità degli equilibri del pianeta, che non mancheremo di sviluppare, con il contributo degli stessi Autori e di altri interlocutori. CALIGIURI, docente di comunicazione pubblica presso l’Università della Calabria, ha invece dedicato un saggio ricco di informazioni e di idee al rapporto tra intelligence e realtà universitaria, questione di grande attualità anche nell’ottica di una futura riforma che consenta all’intelligence di esprimere nuove potenzialità in collegamento con il mondo della cultura e della scienza.
In parte IV, a seguire, segnaliamo ai Lettori maggiormente sensibili ai temi giuridici la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo relativamente ad un caso particolarmente interessante di applicazione dell’articolo 8 della Convenzione, mentre in questo numero il sistema di intelligence in Nuova Zelanda è oggetto della consueta sintetica descrizione in parte V.
Tra le recensioni, oltre all’intervista a Magdi ALLAM e al libro di Stella RIMINGTON, cui abbiamo già fatto riferimento, trovano spazio numerosi volumi di cui molto si è parlato negli ultimi mesi, oltre ad alcune curiosità sul mondo dello spionaggio di altre epoche.
Il volume venticinque della Rivista si conclude, come di consueto, con una lettura questa volta tratta dal racconto His last bow, di Arthur CONAN DOYLE, con uno Sherlock Holmes che si muove nel contesto di una reale operazione portata avanti con successo dagli appena istituiti servizi inglesi contro spie tedesche, nell’imminenza del primo conflitto mondiale.
Le immagini di questo volume, disegnate da Francesco MOSCATELLI, che ringraziamo, fanno parte del patrimonio del SISDe, realizzate in passato per veicolare, attraverso l’interpretazione allegorica, i valori dell’intelligence. Le proponiamo, per arricchire questo volume nella sua veste grafica e nel suo contenuto.



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